
La fonduta piemontese assomiglia molto a quella valdostana, anche per l’uso dominante della fontina, proveniente dalla vicina Valle d’Aosta, ma generalmente non viene servita come piatto principale da condividere tra i commensali, ma piuttosto in porzioni singole da gustarsi come entree o antipasto, magari arricchita con preziose scaglie di tartufo.
La fonduta della tradizione savoiarda e svizzera viene invece realizzata con l’utilizzo di due particolari formaggi, il vacherin ed il il gruyere.
Quest’ultimo è un formaggio di mucca dal sapore corposo e leggermente piccante, che spesso in Italia, a causa della similitudine nel nome, viene scambiato per il groviera, termine con cui invece si identificano i formaggi “con i buchi” come l’emmenthal o il maasdammer.
Le differenze tra le varie fondute non differiscono qui, la fonduta valdostana viene accompagnata con crostini di pane abbrustoliti e cosparsi di aglio, mentre la fonduta svizzera è prevalentemente servita con tocchetti di pane fresco, e per tradizione viene allungata con il kirsch, un liquore distillato dalle ciliegie.
Le diverse caratteristiche del formaggio prevedono anche un diverso trattamento di questo prima del passaggio in casseruola: in Savoia ed in Svizzera i tocchetti di gruyere vengono lasciati a bagno, per circa 3 ore nel vino bianco, ad Aosta ed in Piemonte la fontina viene invece lasciata a bagno nel latte, per un periodo di tempo analogo.
Differisce anche il metodo per ottenere la consistenza cremosa e liscia del preparato: mentre nella fonduta valdostana e piemontese si impiega l’uovo come agente raddensante, in Svizzera ed in Francia la consistenza cremosa è determinata dall’utilizzo della fecola di patate.